Etna, una terra di conquista. Sono stati lungimiranti quei produttori Toscani che già da circa un decennio hanno piantato radici acquistando terre e antichi palmenti sul Vulcano, avendo capito perfettamente le potenzialità di questo nostro grande territorio. Fra questi c’è Marco De Grazia, Toscano di adozione nato a Washington.
Dalla fine degli anni ‘70 c’è stato un sostanziale incremento di attività vulcaniche. Dal 1995 al 2001 sono stati stimati circa 150 parossismi che hanno generato magma e grandi quantità di ceneri. Per la vitivinicoltura eroica che regna sulle pendici del parco dell’Etna, le ricadute di ceneri sul suolo sono una vera e propria manna! Queste, apportano nuova linfa al suolo, ed è uno dei fattore nutrizionali che imprime tipicità nelle produzioni di vino di qualità che si creano lì.
Le ceneri si formano all’interno dei crateri dove l’attività esplosiva si produce per l’espansione dei gas contenuti nel magma provocandone la frammentazione in diversi prodotti detti anche tephra o piroclastici che si diversificano per le loro dimensioni in: bombe > di 64 mm, lapilli tra 2 e 64 mm e ceneri < 2 mm. Le frazioni fini di questi materiali eruttivi sono trasportate dal vento anche a distanze considerevoli per poi precipitare al suolo per effetto gravitazionale. In base alla direzione in cui spirano i venti, questi andranno ad incrementare, come se fosse una doccia energetica di sostanze minerali, il suolo di aree o zone del comprensorio etneo e non solo, ogni volta differenti. Però le ceneri, spesso, provocano disaggi nelle aree urbanizzate, danni alle strutture, al territorio e alle specie botaniche. Nell’uomo le particelle inferiori a 10 micron possono causare irritazioni agli occhi, alla cute e alle vie respiratorie.
Pedologicamente, le precipitazioni di questi materiali eruttivi (lapilli e ceneri) porta un nuovo imprinting di tipicità territoriale nella vitivinicoltura etnea. Le formazioni di depositi “piroclastici” da caduta, possono essere anche di notevoli volumi. Questi, si vanno a depositare sopra i precedenti strati di rocce magmatiche e ceneri, in un suolo già ricco di oligominerali come: ferro, calcio, potassio, fosforo, magnesio e manganese, incrementando e rendendo il corpo dello stesso più dinamico per averlo arricchito ancora di più di nuove sostanze minerali.
Quando il magma fuoriesce dalla bocca eruttiva si raffredda e inizia a cristallizzare i vari minerali in una sequenza logica che segue un ordine ben preciso. Alle più alte temperature si cristallizzano i minerali stabili contenenti: magnesio, ferro e calcio; dopodiché si formano altri minerali che contengono: sodio, potassio e il quarzo.
Da analisi di laboratorio svolte su campioni di ceneri dell’ultimo parossismo, raccolte nelle vicinanze dei crateri sommitali ma anche a notevole distanza da questi, si evince che sono particelle juvenili dal carattere primordiale rappresentate da sideromelano (vetro di composizione Basaltica) e tachilite (vetro vulcanico di colore verde scuro, bruno o nero, di natura basica, contenente numerosi cristallini). In buona sostanza è sabbia lavica che trasferisce sensazioni organolettiche di tipicità territoriale uniche ai vini dell’Etna. Queste caratteristiche di tipicità che si riscontrano nei vini del vulcano, in effetti, non è nient’altro che quello che è alla ricerca il consumatore disponibile all’acquisto che si è ormai quasi trasformato nel consumatore consapevole e attento all’autenticità del prodotto. Questa tipologia di sabbia-lavica, così particolare nel suo genere, rende i vini del vulcano strutturati, complessi, longevi e dalle caratteristiche organolettiche-territoriali-mineral-laviche uniche.
In Italia esistono altre zone vitivinicole da territorio vulcanico che riescono a fare esprimere alle proprie produzioni di vino, caratteristiche territoriali di tipicità “similari”al nostro Etna; sono: Vulture, Campi Flegrei, Soave, Eolie, Pantelleria, ecc… Anche qui, il suolo lavico riesce a fare la differenza, regalando caratteristiche di tipicità ai vini. Però l’Etna, con le sue attività parossistiche “frequenti” che si ripetono quasi costantemente negli anni e con le emissioni di magma e ceneri che hanno proprietà chimico-fisiche spesso differenti. Perché, sommariamente, queste, si diversificano anche in funzione da quale dei condotti del vulcano risale il magma (centrale, eccentrico, laterale). In buona sintesi, il suolo dove viene coltivata la vite nelle pendici del parco dell’Etna ha una marcia in più. Il terroir Etna è come se fosse una fuori serie sempre accesa con la marcia in più già ingranata.
Sulle pendici nord del vulcano Etna a quota 650/700 metri s.l.m., nel comune di Castiglione si trova la Tenuta delle Terre Nere. Il produttore, nonché agronomo/enologo Marco De Grazia conosce molte bene le condizioni particolari che offre il terroir Etna e le caratteristiche di tipicità che si ottengono dalle uve a dimora in questo suolo. Inoltre, con l’altitudine, le escursioni termiche, ed aggiungendo gli scrupolosi lavori in vigna, in cantina, sommando anche la passione e l’amore su quello su cui ci si pone, si possono ottenere dei grandi lavori (vini). Produce in tre cru: Guardiola, Calderara e Feudo di Mezzo, vini biologici certificati.
L’Etna Rosso Doc 2008 Feudo di Mezzo il “Quadro delle Rose” è composto da Nerello Mascalese per il 98% e Nerello Cappuccio 2%. Fermentazione con macerazione sulle bucce per 10-15 giorni, malolattica e maturazione in barrique di rovere per il 30%, di cui la metà di I° passaggio (15%). Ancora, il 35% in Tonneau di 500 e 700 lt., e il restante 35% in botti di 20/30 ettolitri dell’artigiano Austriaco Franz Stockinger. Imbottigliato dopo 18 mesi senza essere filtrato. Bottiglie prodotte 8500.
Nel bicchiere si presenta rosso rubino brillante e penetrabile. Entra al naso gentile ed aggraziato per nulla impetuoso regalando un immediato ed ampio ventaglio olfattivo tipico territorial-etneo molto intrigante. Odora di rose e acqua di rose con tratti mentolati. Sprigiona ciliegia con intrecci di sensazioni mineral-laviche spinte a galla da un sottofondo marino di alghe, acciuga sotto sale con ritorni di acqua di rose. Non è ruffiano, è elegante di suo! Più sta nel bicchiere più le sensazioni olfattive escono da esso. Mi regala anche un bel sorriso . Perché esce dal bicchiere come in una magia e come se fosse il cappello a cilindro di un mago, il profumo del bucato steso al vento e al sole. Ha un delicato profumo-erbaceo di foglia di gelso, noce moscata e alloro, sfumature delicate di piacevoli sentori eterei di smalti, prugna e un po’ di caramello. Più si ascolta e più è intrigante!
In bocca si adagia come la seta aprendosi con un bel tannino di grana fine, rarefatto e al cacao. E’ lungo, costante,minerale è succulente. Viene sempre voglia di riadagiarlo sulle labbra, ma non si può fare a meno di ripassarlo sotto al naso per cercare di esplorare nuove sensazioni.
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mi hai fatto venire voglia di tornare sull'Etna, manco da due anni e mi sembra un'eternità.
RispondiElimina..il 21 Marzo 2011 c'è le contrade dellEtna IV° edizione, viene di lunedì - io se fossi al tuo posto la farei una bella scappatella...
RispondiEliminacaro Maurizio e' sempre un piacere leggere i tuoi approfondimenti sia per la competenza che per la passione che in essi traspare.
RispondiEliminaL'Etna offre grandi opportunità a coloro che in tempi non sospetti hanno saputo intuirne il grande potenziale ed oggi la produzione etnea trova espressioni in alcuni vini di grande pregio.
Ma, come ben sai io amo molto la mia doc Faro, e fiera, faccio parte di un piccolo gruppo di coraggiosi produttori che portano avanti il lavoro con serietà e dedizione. credo che nel panorama viticolo siciliano odierno, la nostra doc , se pur minuscola,sia meritevole di attenzione e mi sembra davvero di avvertire nell'aria un certo entusiasmo e tanta curiosita' grazie alla produzione di pregiati vini, eleganti, mai aggressivi intimamente legati al territorio.
facendo un parallelo fra queste due pregiate Doc, mi piace puntualizzare che nella Doc Faro, composta da 4 differenti vitigni, vi sono il Nerello Masalese ed il Nerello Cappuccio, vitigni presenti sull'Etna. ed allora, credo sarebbe interessante fare un costruttivo confronto e vedere le differenze fra le nostre produzioni monovarietali e quelle etnee, facendo emergere la sostanziale influenza della vicinanza alla costa dei nostri vigneti, quindi salsedina oidica-sapidità, e la mineralità dei terreni etnei. Per non parlare poi del vento che nel nostro territorio la fa da padrone in inverno ed in primavera ma si tratta di un vento di scirocco diametralmete opposto al freddo vento delle pendici entnee.
Io amo la viticultura etnea e non a caso, come sai,ho deciso di affidare la coltivazione del mio vigneto proprio ad un gruppo di fidati collaboratori che vinono propri nei pressi di Randazzo e che con gioia percorrono km e km per venire a lavorare nella mia terra. Beh scelte coraggiose e per certi versi anche inusuali ma io sono figlia di un certo modo di fare viticultura e di concepire un vigneto e non posso fare a meno di sentire in me l'esperienza di tanti anni vissuti per vigneti in una Sicilia di cui vado orgogliosa.
Un caro saluto e grazie perchè mi dai sempre l'opportunità di fare qualche breve riflessione.
Enza La Fauci
Appunto cara Enza, tu sai perfettamente che io già ti dissi qualche giorno fa, di portare i tuoi campioni di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio della tua ben amata Faro Doc il 21 Marzo lì sù nell'Etna. Non ci sarà migliore occasione per metterli a confronto!
RispondiEliminaun abbraccio e già sin d'ora ti ricordo di portarli lì.